La fotografia di Steve Mc Curry
Steve Mc Curry è originario della Pennsylvania. Dopo aver studiato film alla Pennsylvania State University, Steve inizia a lavorare per un giornale locale come semplice freelance. In un secondo momento, decide di intraprendere un viaggio in India che cambierà per sempre la sua carriera. Dopo vari mesi in giro per il paese, Mc Curry arriva al confine con il Pakistan dove incontra un gruppo di rifugiati dall’Afghanistan che lo aiutano a varcare il confine e ad arrivare nel loro paese. Per Steve si tratta di un vero e proprio colpo di fortuna perché in quel periodo nessun giornalista occidentale poteva entrare nel paese.
Steve Mc Curry è il primo giornalista che riesce a fotografare il conflitto in Afghanistan, il primo che offre una documentazione per immagini di tutto ciò che accade in quel paese. Steve è anche il primo fotografo che è stato in grado di penetrare nelle tradizioni e nella cultura di questo paese.
Da quel primo fortunato lavoro, Steve Mc Curry ha girato il mondo intero arrivando a documentare molti altri conflitti e altre culture. Ha fotografato i monsoni a Goa, i conflitti per le strade, i campi profughi, le stazioni ferroviarie dell’India ma anche l’attacco terroristico dell’11 settembre.
Nel giorno più tragico della storia americana, infatti, Steve Mc Curry era a pochi metri di distanza dalle torri gemelle. In questi anni, si è aggiudicato la vittoria di numerosi premi tra cui il Robert Capa Gold Metal, il National Press Photografers Award e il World Press Photo Contest. Quest’ultimo Steve Mc Curry è riuscito ad aggiudicarselo addirittura quattro volte.
L’importanza di ogni singola immagine
Steve MC Curry racconta delle storie attraverso le sue immagini. Ogni storia è composta da una serie di scatti che devono essere sapientemente messi insieme in modo coerente perchè anche in questo consiste il lavoro del fotografo. Secondo Steve ciò che conta veramente nel suo lavoro non è la storia ma la capacità di ogni singola immagine di arrivare all’osservatore.
Una fotografia per essere buona deve essere in grado di vivere in modo del tutto autonomo rispetto al lavoro in cui viene inserita, deve poter stare da sola, deve avere un proprio posto nel mondo, deve riuscire a veicolare in modo del tutto autonomo emozioni intense.
Proprio questo è ciò che è successo con la fotografia più famosa, l’immagine dal titolo “Ragazza afgana” che comparve sulla copertina del National Geographic Magazine del 1985.
La fotografia venne scattata in un campo profughi a Peshawar in Pakistan. Per ben 17 anni la ragazza di quella foto rimase senza nome sino a quando Steve riuscì ad incontrarla nuovamente. La ragazza, ormai diventata una donna, si chiama Sharbat Gula e secondo Steve, nonostante le rughe che le sono comparse sul volto, ha la stessa identica forza espressiva di un tempo.
I ritratti per catturare l’anima di ogni persona
Nei lavori di reportage di Steve Mc Curry si trovano tantissimi ritratti. Secondo Steve MC Curry, infatti, per riuscire a raccontare gli eventi non esiste niente di meglio di un ritratto perché attraverso il volto di una persona è possibile assaporare il modo di vivere e di sentire quegli eventi. In questo modo, nel volto di moltissimi profughi e rifugiati, Steve è riuscito a rappresentare la sofferenza della guerra.
Steve Mc Curry può essere definito un ritrattista dell’attesa. Secondo il fotografo, infatti, è importante non avere fretta di scattare un ritratto perché è necessario attendere che le persone che vogliamo fotografare dimentichino la nostra macchina fotografica in modo da far fuoriuscire l’anima più pura insieme al loro essere più genuino.
I ritratti per immortalare la condizione umana
Grazie a questo suo modo di fare ritratti, Steve Mc Curry è riuscito in tutti questi anni ad immortalare la condizione umana. I suoi ritratti sono quindi un mezzo per addentrarci nelle più intime zone dell’animo umano, quello che Steve offre in dono e che, tuttavia, è segnato in modo indelebile dalla guerra ed è colmo di sofferenza.
Le fotografie scattate da Mc Curry sono il ritratto delle conseguenze che le guerre e i conflitti hanno creato.
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