L’esperienza principale di Alexander Gardner, quella con cui si formò come fotografo, fu indubbiamente la Guerra di Secessione.
Ma a differenza delle foto di guerra (diciamo piuttosto forzate o edulcorate) scattate da Roger Fenton sul fronte di Crimea, quelle di Gardner erano reali.
Terrificanti nella loro crudezza per la cultura visiva dell’epoca, diremmo quasi macabre.
Il suo libro, “Gardern’s two-volume Photographic Sketchbook of the War”, (ovvero la guerra civile), venne pubblicato nel 1866.
Non solo foto di guerra
L’anno seguente documentò la costruzione dell’“Union Pacific Railroad”.
Documentò anche l’esecuzione dei cospiratori contro Lincoln e il funerale di quest’ultimo.
Inoltre, decise di creare una raccolta di fotografie di criminali condannati, per le forze di polizia di Washington.
Va aggiunto, che, tra le immagini reali della guerra, alcune sembrano essere leggermente forzate.
Questa è un’ulteriore prova che, mentre la macchina fotografica, non mente, la persona dietro di essa può farlo!
Gardner alla Battaglia di Gettysburg
Ad esempio: Gardner arrivò sulla scena decisiva della cruenta Battaglia di Gettysburg (giunse però due giorni dopo che era stato combattuta).
Trovò però una perfetta location per scattare la famosa foto titolata “Home of a rebel sharpshooter” (traduzione: La postazione di un cecchino).
Tuttavia, prima di scattare le foto, trascinò il corpo di un confederato (che si trovava a circa trenta metri dal set), lo posizionò nel punto giusto per comporre l’inquadratura.
E arrivo addirittura a girargli la testa verso l’obiettivo per rendere l’immagine più netta e impressionante.
Gardner scrisse:
Il diciannove Novembre, l’artista partecipò alla consacrazione del cimitero di Gettysburg, e visitò nuovamente la “Casa del cecchino”.
Il moschetto arrugginito dalle molte tempeste, era ancora appoggiato contro la roccia, e l’ossatura del soldato laico posava indisturbata sull’uniforme rovinata , così come la fredda morte si era posata quattro mesi prima sul corpo.
Nessuno di coloro che andava su e giù per i campi per seppellire i morti, lo aveva trovato.
“Scomparso”, era tutto ciò che si sarebbe saputo di lui, e una madre potrebbe essere ancora in attesa del ritorno del suo ragazzo, le cui ossa sconosciute e sole, giacciono, tra le rocce di Gettysburg.
Belle parole, in aggiunta al dramma.
Ma difficilmente credibili. I cacciatori di souvenir avrebbero rimosso il fucile in pochi giorni.
In ogni caso, l’arma nella fotografia non era quella utilizzata da un tiratore scelto.
Potrebbe essere stata proprio di Gardner.
I falsi di Alexander Gardner
William Frassanito ha studiato accuratamente questa “falsa” fotografia nel suo libro “Gettysburg: un viaggio nel tempo” (1975)
La fotocamera può quindi mentire? Bene, grazie alla rapida crescita della fotografia, quasi tutto è possibile!
Ma che cosa lo era nel passato? Come ogni artista, un fotografo potrebbe voler ritrarre una certa emozione, evocare una particolare reazione, esprimere un suo pensiero.
L’obiettivo vede ciò che vede, ma ciò che appare è inevitabilmente soggettivo.
E nel leggere gli appunti di Gardner che accompagnano le sue mostra di fotografie, è evidente che non solo l’immagine, ma anche l’opera può influenzare la nostra percezione delle cose.
Molte delle immagini Gardners erano stereoscopiche.
( 17 ottobre, 1821 / 1882 )
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