Benvenuti in questo tutorial dedicato a “come comporre l’inquadratura”, dove la parola comporre sta per “posizionare”. Il titolo potrebbe infatti anche essere “posizionare gli elementi nell’inquadratura”.
Questo tutorial – della serie “scuola di fotografia” – è dedicato a chi si avvicina per la prima volta al mondo della fotografia, ma molto utile anche a chi già scatta da tempo e vuole capire meglio i concetti di base.
Come comporre l’inquadratura
Come vedete continuiamo a occuparci di inquadratura, argomento di fondamentale importanza e di grande impegno in termini di comprensione che, proprio per questo, è stato diviso in vari tutorial logicamente collegati tra loro come se fossero i passaggi di un percorso.
Lo abbiamo già affrontato nei due precedenti di questa serie specifica, il primo dedicato a “come costruire l’inquadratura” e il secondo su quali sono “gli elementi dell’inquadratura”. In questo chiudiamo l’argomento analizzando in dettaglio il come comporre l’inquadratura.
Se non lo avete ancora fatto, allora vi consiglio di leggerli prima di affrontare questo.
Nel primo tutorial abbiamo visto che l’inquadratura è da considerare come una impalcatura sulla quale si vanno ad assemblare gli elementi della foto.
Esempio calzante è lo scheletro in cemento armato di un edificio su cui si posa poi tutto il resto.
Abbiamo poi introdotto la “griglia” dell’inquadratura, ossia la gabbia che regola le posizioni dei vari elementi nel rettangolo che noi chiamiamo “fotografia”.
Nel secondo tutorial abbiamo invece scoperto il “linguaggio visivo”, vera e propria grammatica che, al pari di quella che regola l’uso dell’italiano, agisce sul cervello tramite la vista.
Ci siamo mossi alla scoperta degli elementi che compongono una inquadratura e di come definirli visivamente.
Comporre l’inquadratura: la fase pratica
Andiamo ora a conoscere come realizzare al meglio il terzo e ultimo dei passaggi essenziali che portano all’inquadratura perfetta: come comporre l’inquadratura. Le fasi sono infatti tre:
- costruire l’inquadratura: scegliere quali elementi vanno dentro la foto e quali vanno lasciati fuori
- scegliere gli elementi dell’inquadratura: decidere quanto debbano essere “grandi” questi elementi e come si rapportano tra loro in relazione a quello che la foto vuole dire all’osservatore
- come comporre l’inquadratura: posizionare gli elementi scelti e dimensionati dentro il rettangolo, collocandoli adeguatamente nella griglia dell’inquadratura
Il punto 1 è stato affrontato nel tutorial Come costruire l’inquadratura, il 2 in Gli elementi dell’inquadratura, il 3 viene affrontato ora
Posizionare gli elementi nell’inquadratura
Dopo aver deciso quali sono gli elementi (della scena che stiamo fotografando) che vogliamo inserire nella foto (o meglio, nell’inquadratura della foto), dobbiamo decidere come collocarli nel famoso “rettangolo”.
Si, perché non la stessa cosa se mettiamo il soggetto in un punto o in un altro, e così via. Cambia il senso del messaggio visivo che trasmettiamo e cambia l’armonia della foto.
Vi faccio un esempio calzante. Immaginate di dover arredare la cucina. Sceglierete mobili ed elettro domestici, ma quando vi arriveranno a casa troverete normale posizionarli nella stanza secondo una logica. Secondo un percorso di movimento comodo, funzionale e ergonomico.
Non pensereste mai di metterli così, a casaccio. Oppure di mettere la cappa sopra al lavandino e il frigo davanti alla finestra.
Ecco, allo stesso identico modo gli elementi della foto vanno posizionati secondo dei criteri ben precisi. Questo ha due scopi.
Il primo è che nella nostra grammatica visiva ci sono delle regole di posizione da rispettare per creare immagini armoniche e che abbiano una sintonia interna. In sostanza per far si che, guardandole, il nostro occhio (e il cervello a esso collegato) le trovi gradevoli.
Il secondo è quello di creare un “percorso visivo” all’interno della foto.
Affrontiamo subito il concetto più difficile, ossia il “percorso visivo”.
Percorso visivo nell’inquadratura
Che vuol dire?
Capire bene come comporre l’inquadratura vuol dire che il fotografo, nel costruirela, deve creare un vero e proprio percorso di visita per l’occhio dell’osservatore.
Questo per far si che egli, nell’attimo in cui si pone davanti alla fotografia, trovi immediatamente il punto in cui “entrare” in quel rettangolo con il suo sguardo, e da esso trovi poi gli elementi adeguati per seguire un percorso di scoperta dei contenuti dell’immagine.
Il “percorso visivo” di una foto è in realtà composto da due elementi:
- punto di ingresso visivo
- elementi direzionali
Vediamoli nel dettaglio per capire cosa sono e soprattutto come crearli nelle nostre foto, che è la cosa più importante.
Punto di ingresso visivo
Concetto semplicissimo, eppure temuto da tanti. Il ”punto di ingresso visivo” di una foto è semplicemente quell’elemento che riesce ad attirare il nostro sguardo prima di tutto il resto. Più facile di così !
Un fiore giallo in un campo d’erba, lo sguardo di una persona verso il fotografo in una folla che guarda altrove, il sole in un tramonto, il fungo illuminato da un raggio di sole nel bosco. Sono tutti esempi di “punto di ingresso visivo”.
Il motivo per cui lo guardiamo per primo può essere la forma, la natura, il colore, la luminosità, la nitidezza (è a fuoco rispetto al resto sfocato), etc. Non importa il motivo per cui ci attira: quello che conta è che esista. Li inizia infatti il nostro viaggio visivo nella foto.
Elementi direzionali
Dal punto di ingresso deve partire almeno un elemento “direzionale” che guidi il nostro sguardo a muoversi nella foto in maniera chiara, preferenziale.
Questo elemento, detto appunto “direzionale”, deve portare lo sguardo dal punto di ingresso fino a una diversa area della foto. Poi magari li si trova un secondo elemento direzionale che fa compiere al nostro sguardo un altro tratto di percorso, e così via.
Non esiste una regola che dica quanti devono essere gli elementi direzionali in una foto, ne quanti debbano essere i salti. Dipende solo ed esclusivamente da quello che il fotografo vuole comunicare.
Si, perché questi due elementi che compongono il percorso visivo non servono solo a far fare al nostro sguardo una passeggiata. Ma servono a dare al nostro cervello la “spiegazione” di cosa vediamo nella fotografia.
Cosa sono in pratica? Linee, fasce, serie di oggetti, oggetti di forma allungata, qualsiasi cosa catturi il nostro sguardo dal punto di ingresso e lo porti in qualche altro punto della foto. Possono anche essere di tipo diffuso, ossia che si estendono in maniera uniforme in tutte le direzioni attorno al punto di ingresso. Esempio classico il fiore giallo nel prato verde.
Il fiore giallo è il punto di ingresso visivo. Il prato è l’elemento direzionale. Cosa ci dice? Che c’è un fiore immerso in un prato, ossia che il prato si estende in maniera uguale e uniforme tutto attorno al fiore.
Il percorso visivo è semplicemente la ormai famosa “didascalia” (di cui abbiamo parlato nel primo tutorial) tradotta nella grammatica del linguaggio visivo.
Invece di scriverla sotto alla foto con parole, il fotografo la scrive dentro la foto attraverso la gestione dell’inquadratura.
Il percorso visivo, infatti serve a rendere facile, rapido e intuitiva la visione della foto. A guidare e agevolare l’osservatore nel leggere il nostro messaggio visivo racchiuso nella foto. Si, perché entrando, muovendosi e arrivando a destinazione nel suo percorso visivo, occhio raccoglie informazioni.
La griglia dell’inquadratura
Abbiamo conosciuto questa curiosa “griglia” nel primo tutorial: andiamo ora a scoprire a cosa serve e come comporre l’inquadratura perfetta grazie a essa.
La griglia si compone in realtà di due distinte griglie sovrapposte:
- croce centrale
- griglia dei terzi
La croce centrale è composta dalle due mediane, verticale e orizzontale, e dal loro punto di incontro, che è il centro dell’immagine.
La griglia dei terzi è formata da 2 linee verticali che dividono la foto in 3 fasce di larghezza uguale, e da altre 2 linee che fanno la stessa cosa orizzontalmente. I loro 4 punti di incontro si chiamano “nodi dei terzi”. Le linee si chiamano “linea dei terzi”, divise in verticali e orizzontali, destra e sinistra, alta e bassa. Mentre le fasce si chiamano “terzi”, anch’essi divisi come le linee.
Ora sapete tutto. Ma non sapete cosa farci.
Iniziate a ragionare…
Vi aiuto con qualche esempio.
Esempio 1
Avete un fiore in un campo. Quindi un soggetto su uno sfondo.
Dove mettiamo il fiore nella nostra griglia?
La posizione naturale, ovvia, è al centro esatto. Perché il fiore è il protagonista della foto. Mettendolo al centro stiamo dicendo all’osservatore che il fiore è il re di quella foto, il soggetto indiscusso. Il prato è solo uno sfondo.
Ma se, per ipotesi, lo mettessimo altrove, non al centro, cosa accadrebbe? Che il nostro cervello vede sempre un fiore e un prato, e vedendo solo loro intuisce che il fiore sia soggetto e il prato sfondo, non essendoci altro, ma rimane perplesso: non capisce perché, essendo appunto soggetto, non sia al centro.
Quindi va in confusione. Resta sospeso il giudizio, appare il dubbio: il cervello vorrebbe infatti conferme alla sua ipotesi, ossia che il fiore sia il soggetto e il prato lo sfondo, ma si chiede come mai il fotografo lo abbia messo in una non-posizione, ossia del tutto fuori posto.
Una posizione che smentisce quindi la sua ipotesi.
Ma non vede altro, solo fiore e prato, quindi non capisce come gestire i due messaggi contrastanti che riceve. Tutto questo genera fastidio, incertezza e ci fa trovare la foto.. brutta, sbagliata, disarmonica.
E se mettessimo il fiore in una posizione nodale (uno dei 4 nodi dei terzi per capirci) cosa accadrebbe?
Il cervello avanza sempre la sua prima ipotesi, ossia fiore soggetto e prato sfondo, ma non trova il soggetto nella sua posizione naturale.
Lo trova però in una posizione secondaria. Quindi capisce che si, il fiore è importante, ma non è il soggetto esclusivo della foto, perché il fotografo non lo ha messo al centro.
Essendo invece in un nodo dei terzi (posizione significativa, ma meno importante del centro), il nostro cervello si aspetta che nella foto ci sia un co-soggetto. Qualcosa di altro che accompagna il fiore e per il quale il nostro povero fiore si è spostato in una posizione meno importante.
Lo sguardo inizia quindi a cercare nel prato per trovare questo qualcosa. Esplora gli altri nodi dei terzi, ma non trova nulla. Cerca lungo le linee, dei terzi e le mediane, e non trova altro che prato. Guarda negli angoli, nulla. Alla fine lo sguardo si stanca e lascia la foto. La sensazione è di fastidio per la fatica sprecata. La foto è fallita nel suo intento comunicativo.
Esempio 2
Albero su un prato e sopra il cielo.
Se questa che ho scritto è la didascalia della foto, ossia il pensiero che volete comunicare all’osservatore, dovete avere l’albero al centro. Avere l’albero in una posizione che non è quella di una delle 3 linee verticali della nostra griglia genera confusione.
L’albero al centro invece conferma al nostro cervello la sua prima ipotesi, ossia che l’albero sia il soggetto. Ma secondo la didascalia il prato è un co-soggetto: albero su prato. Quindi il prato deve essere predominante rispetto al terzo elemento, ossia il cielo. Il confine tra prato e cielo è una linea orizzontale, per cui la portiamo a coincidere con una delle 3 linee orizzontali della nostra griglia.
Ma quale? Terzo alto, terzo basso o mediana?
Escludiamo la mediana, perché significa che il prato è importante quanto il cielo. Ma non è così per noi e la nostra didascalia. Il prato conta di più del cielo. Quindi 2/3 di foto al prato e 1/3 al cielo. Ecco quindi che la linea di contatto prato-cielo la portiamo sul terzo orizzontale alto.
Quindi albero al centro e orizzonte sul terzo orizzontale alto.
Questo dice al nostro cervello:
- albero = soggetto
- prato = co-soggetto
- cielo = sfondo
Tradotto significa: albero su prato, con cielo azzurro. Coincide con la nostra didascalia, ossia con quello che volevamo comunicare.
Ma se avessimo avuto l’orizzonte nell’altro terzo orizzontale… che accadeva? Il messaggio era:
- albero = soggetto
- cielo = co-soggetto
- prato = sfondo
Tradotto: albero sotto al cielo, il tutto su un prato.
Oltre ad avere meno senso logico, non è quello che volevamo dire.
Se mettiamo l’orizzonte sulla mediana siamo in una terza situazione, dove l’albero resta soggetto ma cielo e terra diventano uguali (in termini di “peso” fotografico) per cui sono entrambi co-soggetti e allo stesso tempo sfondo.
Albero. Sullo sfondo prato e cielo.
Se invece dalla situazione corretta spostiamo l’albero su uno dei due terzi orizzontali, cosa otteniamo? Confusione.
Il cervello vede solo l’albero e il sistema prato-cielo, ossia due aree indefinite senza elementi di interesse. Ma non capisce perché l’albero non si trovi al centro. Essere su un terzo laterale sta a significare che deve fare spazio ad altro, a un co-soggetto… che però non esiste. Quindi indecisione, confusione, fastidio.
In un quarto tutorial vedremo linee guida e casi specifici per tutte le regole di cui abbiamo parlato in questi primi 3 tutorial.