Con tutta probabilità il visualizzatore dell’istogramma di una foto è in assoluto lo strumento più utile tra quelli innovativi introdotti dalla rivoluzione digitale nel mondo della fotografia e del fotoritocco. E, guarda caso, esso è anche uno dei meno capiti e compresi dagli utenti. In questo articolo cercheremo di spiegare cosa ci vuole comunicare l’istogramma della nostra macchina fotografica e come un buon fotografo deve utilizzare le informazioni ricevute al fine di scattare delle buone fotografie.
Virtualmente ogni macchina fotografica digitale, dalla più semplice punta-e-scatta alle reflex digitali più sofisticate e costose, ha la possibilità di mostrare direttamente l’istogramma, o più sovente sovraimprimerlo sull’immagine appena scattata.
Ad esempio la Hasselblad H1, un gioiello di ultima generazione tra le macchine fotografiche digitali più evolute, può mostrare un istogramma sullo schermo LCD dell’impugnatura mentre l’immagine viene mostrata nel display posteriore. Nella maggior parte delle macchine fotografiche, in ogni caso, l’istogramma viene mostrato nello schermo posteriore e la gran parte di quelle offrono questa funzione possono essere programmate per farlo apparire sia sull’immagine visualizzata subito dopo lo scatto, o anche dopo, quando gli scatti fatti vengono rivisti.
Istogramma: misuratore di luce del ventunesimo secolo
Una delle domande più frequenti che si sentono nel corso dei workshop sulle reflex digitali è perché i fotografi continuano a guardare lo schermo LCD dopo aver realizzato lo scatto. La risposta è che quello che attira l’attenzione sullo schermo non è tanto l’immagine scattata quanto il suo istogramma.
Questo istogramma mostra una distribuzione delle tonalità quasi perfetta, che coprono approssimativamente una gamma dinamica di 4 stop, dalle ombre più profonde sulla sinistra fino alle luci più brillanti alla destra. Questo rientra perfettamente nell’ampiezza di circa 5 stop che è quella della gamma dinamica della maggior parte dei processori digitali.
La misurazione della luce (in termini esposimetrici) vi indicherà, come sapete, quale sia la giusta esposizione per riprodurre correttamente un cartoncino standard del grigio al 18% riportandolo nell’immagine come un perfetto “mezzo tono”. La misurazione può essere stata eseguita perché la macchina fotografica esamina una determinata quantità di zone della scena da fotografare e ne fa una media, oppure perché il fotografo misura le luci, le ombre e qualche altra zona della scena autonumamente e decide che quella particolare impostazione può essere un buon compromesso per realizzare quel determinato scatto.
Questa impostazione, come qualsiasi altra impostazione preselezionata dalla vostra macchina fotografica automatica, è sempre frutto di un compromesso, sia che venga realizzato dal computer della fotocamera, sia che venga originato dalla mente e dall’esperienza dell’autore. Nella maggior parte delle situazioni reali non esiste alcuna esposizione “ideale” o “perfetta”, esiste semma il “miglior compromesso”. Si tratta di quella scelta che semplicemente colloca tutti i diversi valori di luminosità rilevati nella scena originale il più appropriatamente possibile dentro le possibilità di lettura (la gamma dinamica, che scopriremo tra poco) del sensore della macchina fotografica che state usando. E quando diciamo il più appropriatamente possibile, vogliamo dire che le medie tonalità incontrate nell’immagine cadranno più o meno tra i valori più scuri e quelli più luminosi.
Gamma dinamica, universo visibile
Il sensore digitale all’interno della vostra macchina fotografica è molto simile a una classica diapositiva colore su pellicola in quando a sensibilità alla luce. Come succede nel caso della Velvia (giusto per fare un nome a esempio), se l’immagine riceve troppa luce risulterà come bruciata, mentre se ne riceverà troppo poca sarà troppo scura, praticamente nera. Si può registrare un’immagine più o meno fedele alla realtà solo se la luce che colpisce il sensore rientra in una gamma di circa 5 stop tra i toni chiari e i toni scuri (da ricordare che ogni stop raddoppia o dimezza la quantità di luce che colpisce la pellicola o il sensore). Nel mondo della fotografia digitale accade grosso modo la stessa cosa e anche la gamma dinamica del sensore è la stessa di quella della pellicola per diapositive, cioè circa 5 stop. Va anche tenuto a mente che la gamma totale dei valori di luminosità incontrati nel mondo che ci circonda è di circa una decina di stop, dalla luce più debole che riusciamo a percepire a occhio nudo, fino al bagliore del sole in una bella giornata perfettamente serena.
Canon EOS 1Ds con 135mm f/2.0 – ISO 100
In un’immagine salvata in modalità 8 bit (per il momento non parleremo né dei 12, né dei 14, tantomeno dei 16 bit) abbiamo a disposizione 256 livelli di luminosità tra il nero assoluto (0) e il bianco assoluto (256). Il 18% di grigio, ossia il punto di riferimento per qualsiasi esposizione ha un valore numerico di circa 128, ossia a metà strada tra il bianco e il nero. Se ci pensate bene, non fa una piega. Questo infatti vuol dire che se state inquadrando un qualsiasi soggetto, ad esempio delle persone in un prato con erba, alberi, etc, questi soggetti saranno correttamente esposti più o meno alla metà della gamma dinamica della macchina fotografica. Perché questo è importante?
È importante perché se il soggetto è esposto troppo vicino o al contrario troppo lontano rispetto a questi due estremi di luminisità (il termine lontano e vicino non si riferisce alla distanza, ma alla luminosità), incorrerete nell’incapacità del sensore di registrare l’immagine. Se esponete troppo vicino allo zero, quindi al nero assoluto, e non ci sarà alcuna immagine da guardare e avrete un rettangolo scuro sul video, o sarà comunque troppo scusa e rumorosa; mentre se sarete troppo vicino a 255, ossia al bianco assoluto, non ci sarà comunque niente da vedere se non pixel troppo saturi, slavati o bianchi, che non contengono più alcuna informazione sull’immagine.
Cos’è l’istogramma di una foto digitale
Questo è il momento in cui entra in gioco l’istogramma. Come avrete avuto modo di vedere, si tratta di un semplice grafico che illustra dove, all’interno della scena da scattare, sono contenuti i livelli di luminosità, dal più scuro al più luminoso. Queste valori sono allineati sul fondo del grafico da sinistra (più scuri) a destra (più chiari). L’asse verticale (l’altezza dei punti del grafico) mostra che quantità di immagine si trova in un qualsiasi livello di luminosità.
Le cinque zone, o F stop, che contengono la gamma dinamica registrabile dalla macchina fotografica sono stati arbitrariamente chiamati Molto scuro, Scuro, Medio, Chiaro e Molto chiaro. Ma ognuna di queste fasce dall’ampiezza di uno stop contiene al suo interno una cinquantina di livelli di luminosità (dico “cinquantina” perchè facendo 5 x 50 abbiamo = 250 e non 256, che è il numero reale dei livelli di luminosità). È buona regola considerare circa 4 o 5 punti in fondo alla scala (dove si trova il nero) e altri 4 o 5 punti al vertice della scala (dove abbiamo il bianco) per essere abbastanza vicini agli estremi ma senza veramente farvi cadere i segmenti del grafico che formano l’immagine.
L’immagine presa dallo schermo LCD posteriore di una Canon 1D mostra l’istogramma di un particolare scatto e anche le linee puntate verticali che la Canon visualizza sul monitor per separare i cinque stop disponibili della gamma dinamica. Come potete vedere, questa immagine ha la maggior parte dei suoi contenuti o nell’ombra o nella luce, e pochi soggetti a metà gamma.
Ore le cose si fanno più chiare, giusto? Abbiamo scoperto quindi come l’istogramma ci offra numerose importanti informazioni; così come basta gettare un occhio alle lancette di un orologio per sapere in tempo reale e in modo intuitivo che ore sono, senza dover effettivamente leggere le ore, allo stesso modo basta un po’ di allenamento per imparare a leggere un istogramma, e valutare in modo rapido e intuitivo la qualità dell’esposizione che sta effettuando la vostra macchina fotografica. Questo risulta essere particolarmente vero quando l’istogramma è sovraimpresso sull’immagine stessa o posizionato al suo fianco, rendendo così la lettura del grafico ancora più significativa. Ma vediamo qualche esempio.
Esempi
Come abbiamo detto poco sopra, ad eccezione di un istogramma pesantemente ammucchiato alla destra, che sta a indicare un’immagine sovraesposta, non esiste veramente un istogramma che possa essere definito giusto o sbagliato. L’istogramma semplicemente serve a mostrarvi come stanno le cose, sta poi a voi decidere in base a quello che l’istogramma vi dice se è il caso di intervenire nell’esposizione.
Ecco alcuni esempi:
Qui possiamo vedere la stessa fotografia eseguita con esposizioni distanziate di circa 3 stop e mezzo. Entrambe sono state realizzate con un’apertura di obiettivo di f/9. Quella alla sinistra è stata scattata a una velocità di 1/2000 di secondo e quella alla destra a una velocità di 1/200 di secondo. L’istogramma di quella alla sinistra è tutto ammucchiato nell’estremità scura, quindi segnala che la fotografia è sottoesposta, mentre quello a destra è tutto ammucchiato nella parte luminosa, a segnalarci una sovraesposizione.
Non esiste un’esposizione con una moderna macchina fotografica digitale (o a pellicola) che sia in grado di abbracciare la totale gamma dinamica di questa fotografia, che è di circa 8 stop. Quindi bisogna prendere alcune decisioni su come comportarsi in una situazione come questa. Per infilare a forza 8 stop di gamma dinamica in un’immagine registrata che ne può contenere al massimo cinque le scelte che avete a disposizione sono:
- Utilizzare un fill flash bilanciato in primo piano
- Utilizzare un filtro neutro graduato
- Eseguire diversi scatti e fonderli insieme in post produzione
- Andare al bar a bere una birretta e non pensarci più
In questo caso il fill flash non funzionerebbe nel modo corretto perché il soggetto in primo piano è troppo grande e anche troppo lontano. Non avendo a portata di mano nessun tipo di filtro e magari essendo anche astemi quindi eliminando l’opzione della birretta al bar, la cosa migliore da fare è sicuramente scattare due immagini a distanza di circa 3.5 stop l’una dall’altra e fonderle digitalmente in post produzione. L’immagine sottostante è il risultato di questa operazione. Di certo non si tratta di arte allo stato puro ma certamente aiuta a comprendere il concetto.
Gli istogrammi, semplicemente, sono
Come già detto poco fa, ad eccezione di un istogramma che mostri luci troppo esplose, non esistono veramente degli istogrammi sbagliati. Essi sono soltanto delle informazioni: semplicemente esistono, e sono lì per noi da interpretare.
L’istogramma di questa immagine ci mostra come la maggior parte dei dati contenuti in essa siano nell’area più scura, con solo una piccola quantità di dati in corrispondenza della luna. Ma visto che le zone di scuro non sono tutte a sinistra e le zone di luce non sono tutte a destra dell’istogramma, il soggetto ricade entro la gamma dinamica della macchina fotografica e può essere quindi scattato con successo. I dettagli visibili della luna sono quelli che determinano il successo qualitativo di uno scatto come questo.
In quest’altra immagine accade l’esatto contrario rispetto alla precedente. Quasi tutti i valori sono visibilmente spostati verso la destra dell’istogramma, nell’area illuminata. Che è esattamente dove si dovrebbe ridurre la luminosità della scena. Ma nonostante tutto, visto che in ogni caso i valori non sono tutti ammucchiati alla destra dell’istogramma, possiamo essere sicuri che non ci saranno luci troppo forti a rovinarci il risultato.
Neanche troppo tempo fa l’istogramma era un oggetto del mistero, conosciuto da pochi e compreso da ancora meno. Oggi è diventato uno strumento di grandissimo valore per tutti i fotografi che desiderano padroneggiare la qualità dell’immagine offerta dalla propria macchina fotografica.
Per iniziare ad avvicinarsi agli istogrammi per prima cosa è necessario… iniziare ad usarli! Prendete l’abitudine di visualizzare gli istogrammi mentre state scattando impostando la macchina fotografica di modo che vi mostri un istogramma per cinque o dieci secondi sullo schermo dopo ogni inquadratura. Prendete il vizio di tenerlo sempre sott’occhio. È una delle più grandi conquiste nel mondo della fotografia digitale dopo il misuratore integrato della luce.
1 Comment
icio · 21 Giugno 2010 at 15:14
interessantissimo bravi.