roberto bellini

Intervista a Roberto Bellini

Ci racconti, in questa intervista, quando e come ha scoperto la fotografia?
Durante il periodo di leva a Roma. Mio padre mi diede una vecchia Kodak Retina II che custodisco ancora gelosamente. Durante una visita turistica in Vaticano, Roberto Bellini scatto’ le classiche foto di compagni in primo piano sugli sfondi caratteristici della capitale.

Ci descriva il suo primo approccio a quest’arte
Dopo le prime fotografie “ricordo”, sentii subito l’esigenza di provare a stampare le immagini direttamente e, per ragioni pratiche, scoprii il bianco e nero. Lo sgabuzzino di casa diventò la camera oscura e riprendere soggetti, per poi autonomamente e velocemente vederne i risultati su carta, fu impagabile e affascinante.

Ricorda la sua prima foto?
La prima ripresa in assoluto no, ma la prima immagine stampata che vidi emergere dal liquido di sviluppo è rimasta impressa nella mia memoria come se fosse accaduto ieri. Ricordo che visitai una cascina in campagna (per un milanese negli anni ‘70 era sicuramente una cosa inconsueta). Un vitellino appena nato, in cerca di latte materno, iniziò a succhiare voracemente la mano della persona che mi accompagnava. Gli scatti furono inevitabili.

Qual è stato il suo percorso di crescita e apprendimento dell’arte fotografica?
Da principiante diventai in poco tempo fotoamatore. La partecipazione alle attività del Circolo Fotografico Milanese cementarono la mia passione e determinazione a trasformare un hobby nella mia professione. Passato il periodo da autodidatta tra libri e prove pratiche, sentii l’esigenza professionale di approfondire le conoscenze tecniche e sfruttai diverse possibilità di workshop che le aziende di apparecchiature fotografiche organizzavano sia in Italia che all’estero.

Uno scatto di lavoro di Roberto Bellini

E quali le sue tappe più significative?
In particolare i corsi a Schaffhausen (Svizzera) presso la sede della prestigiosa Sinar (fotocamera a banco ottico per pellicole in lastra) e ad Allschwil (Svizzera), sede dell’altrettanta famosa Broncolor (leader dell’illuminazione fotografica da studio).

Che cosa rappresenta per Roberto Bellini la fotografia in termini emotivi?
Dopo una lunga carriera che si è evoluta dalle foto per privati (ritratti, cerimonie ed eventi) alle foto per la pubblicità sia in studio che in esterno (still-life, moda, beauty, food), mi sono reso conto che la fotografia è diventata uno stile di vita, il mio personale stile di vita, fino al punto che raramente mi muovo senza un minimo di attrezzatura al seguito. Portare a casa frammenti di quello che vivo in prima persona è il mio modo di raccontare e di trasmettere le emozioni. Lo trovo molto più efficace delle parole.

E in termini pratici?
Facendo il fotografo di mestiere, i termini pratici sono la possibilità di ricevere incarichi che mi permettono di vivere. Oggi è imperativo essere competenti, aggiornati e professionali per avere stima e credibilità prima ancora del compenso economico.

Fotografa anche per lavoro o solo per diletto?
Entrambe, da sempre, con diversa frequenza nel secondo caso.

Ancora uno scatto “di lavoro”

Maestri e grandi fotografi

C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la crescita di Roberto Bellini? Ha avuto un vero e proprio “maestro”?
Nessun mentore in particolare ma diversi incontri, anche sporadici, con esponenti del mondo della fotografia, e non solo. Come è noto, c’è sempre da imparare da tutti. Tra i tanti contatti che ricordo con piacere: Mario Giacomelli, che ebbi la fortuna di conoscere a casa sua a Senigallia; Lanfranco Colombo, che incontrai a un seminario; Riccardo Marcialis, che ha lo studio a Milano, vicino a dove sono cresciuto.

roberto bellini

Gli scatti di Roberto Bellini

Che cosa le piace fotografare?
Per lavoro prediligo gli oggetti, mi sono specializzato negli anni nel trattare fotograficamente materiali difficili come l’acciaio, il cristallo e la porcellana. Per passione, amando gli spazi aperti e incontaminati, mi piace fotografare i paesaggi e la natura selvaggia in genere.

Qual è il suo soggetto preferito?
Difficile a dirsi, potrei fare un lungo elenco e mancherebbe ancora qualcosa.

E il genere?
Anche questa risposta è difficile, sono attratto da molti spunti e, come un bambino, ho ancora voglia di “assaggiare” tutto. Sono più portato, per esperienza e carattere, a prediligere scene statiche, faccio un po’ fatica con il reportage.

Ci racconti il suo concetto di inquadratura.
Credo di essere molto tradizionalista, mi piacciono orizzonti dritti e rigorosa zona aurea. Ormai è talmente automatico (come andare in bicicletta) che mi accorgo, dopo aver scattato, di avere rispettato le regole base della composizione.

Che tipo di luci preferisce?
Per gli esterni, luci naturali preferibilmente crepuscolari; anche la contaminazione con l’illuminazione artificiale delle zone urbanizzate mi affascina. Per lo studio, invece, la luce soffusa la fa da padrone, con spot calibrati per evidenziare texture e particolari.

Quante volte al mese esce per fotografare?
Appena ci sono le condizioni buone per sviluppare idee e progetti compatibilmente con lavoro e famiglia.

Preferisce uscire da solo o in gruppo?
Mi piace uscire in compagnia, con amici selezionati e condividere il viaggio fotografico anche con altri elementi. Non disdegno, comunque, missioni in solitaria che hanno il loro fascino, più introspettivo.

I luoghi che preferisce fotografare?
Montagne, cascate, ambienti naturali e selvaggi, panorami stellati.

Quelli che sogna di andare a fotografare?
Il mondo intero, ma cerco di sfruttare il territorio vicino per conoscerlo meglio e poter ritornare ogni volta più preparato e consapevole di ciò che posso trovare. A parte qualche colpo di fortuna, le buone immagini escono dalla perfetta conoscenza dell’ambiente. Lo scouting preventivo è importantissimo.

Usa il bianco/nero con il digitale? Se sì, ci parli di questa tecnica e di come la interpreta.
Faccio riprese sempre a colori. Amo il bianco e trasformo i file laddove mi sembra che le immagini possano esprimere meglio quello che intendo. Di certo considero il bianco e nero come una modalità che può aiutare a portare l’osservatore più in profondità, per percepire l’emozione e il significato dell’immagine proposta.

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La post-produzione secondo Roberto Bellini

La sua opinione sulla post-produzione:
Evviva! Poter sistemare per bene un’immagine con pochi clic non ha prezzo. Chi, come me, proviene dalla camera oscura sa perfettamente la fatica e l’esperienza che ci vogliono per ottenere buoni risultati e risolvere qualche avversità della ripresa. Questo non significa che la fase dello scatto debba essere trascurata o sottovalutata.

Quali sono, secondo lei, i limiti etici alla post-produzione?
Nel mondo della pubblicità, per quanto riguarda la parte professionale, ci sono regole abbastanza precise e consolidate su come rappresentare un prodotto: se si pensa che a volte non c’è nemmeno il prodotto, va da sé che si usino mock-up e tutti i trucchi del mestiere per raggiungere lo scopo.
Se parliamo, invece, di fotografia artistica, è difficile stabilire dei limiti alla creatività ed è altrettanto difficile suddividere campi in cui si possa o meno esagerare o stravolgere la realtà. Per quanto mi riguarda, in linea generale cerco di ottenere sempre un risultato naturale e veritiero, non disdegnando, comunque, ritocchi ed enfatizzazioni dove necessarie. Nell’ambito della fotografia di paesaggio e natura direi che è ovviamente vietato il fotomontaggio.

E’ lecito intervenire in maniera decisa ed evidente per migliorare luci e toni di una foto?
Nella misura in cui si resta in un limite di naturalezza e realtà, direi di sì.

Che software usa per la post-produzione?
Adobe Lightroom, Adobe Photoshop, PhotomatixPro, StarryLandscapeStacker, Starstax, LRT Timelapse.

Che tipo di interventi fa di solito?
Parto con un workflow base che considera le correzioni profili delle lenti usate e bilancia esposizione, contrasto, luci ed ombre. A seconda poi del tipo di immagine affino la post produzione per raggiungere il risultato voluto.

Utilizza tecniche speciali come HDR?
Sì, uso sia HDR che fusioni di più esposizioni per ampliare la gamma dinamica e gestire meglio ombre, luci ed effetti.

RAW, JPG e TIF

In che formato scatta di solito?
Esclusivamente in RAW.

Se scatta in RAW, che software usa per gestire i file?
Camera Raw di Adobe.

Ha mai provato con LightRoom? Se sì, che cosa ne pensa?
Uso LR da sempre, le alternative sono poche e più limitate, a mio avviso. È, comunque, un software che andrebbe ristrutturato per eliminare fastidiosi rallentamenti durante i processi di lavoro. Spero risolvano il problema una volta per tutte. E’ già molto tempo che ci sono lamentele sul web e ad ogni aggiornamento le criticità permangono. Chi ha grandi librerie e file pesanti da gestire in velocità sa di che cosa parlo.

Informazione

Legge riviste di fotografia?
Saltuariamente.

Consulta siti web di fotografia? Ne consulta alcuni in maniera abituale, considerandoli un punto di riferimento?
Sì, seguo diversi gruppi e blog dai quali traggo utili informazioni. Nel tempo ho selezionato quelli più autorevoli e al loro interno le persone apparentemente più affini al mio modo di vedere.

Partecipa a workshop o seminari?
Quando trovo tempo e argomenti interessanti per la mia crescita professionale, sì.

E fa parte di una associazione del settore?
No.

Va a fiere e saloni di fotografia?
Ultimamente sempre meno.

Cosa ne pensa dei saloni, li trova utili?
Vedersi di persona ha sempre i suoi vantaggi, anche se per le comunicazioni commerciali il web è comodo e implica meno perdita di tempo

Fa parte di gruppi social di fotografia? Se sì quali?
Fotografia Creativa, Fotografia Paesaggistica Italiana, Fotografia Moderna, Primi passi di Fotografia e diversi altri.

Cosa ne pensa? Li considera utili per crescere?
Ammiro lo sforzo degli amministratori e, se usati nel giusto modo, sono di certo fonte di informazioni, di confronto e di stimolo.

Mostre di fotografia

Visita mostre di fotografia?
Raramente, purtroppo.

Ha realizzato sue mostre fotografiche? Se sì, dove e quando?
Ne ho una in essere presso l’Hotel Catullo di Sirmione (Lago di Garda BS), dal titolo “Frammenti”, aperta sino alla fine di agosto, con ingresso libero.

Ci racconti la più emozionante tra queste esperienze.
Essere invitato a presentare i miei lavori in uno spazio pubblico e internazionale come un albergo in piena stagione turistica, mi ha al contempo lusingato e terrorizzato. Postare foto sui social networks mantiene un certo distacco emotivo, vedere vis a vis le persone che scrutano i tuoi lavori e ti fanno domande mi fa continuamente riflettere se io sia all’altezza di proporre buone fotografie che esprimano me stesso.

Le attrezzature di Roberto Bellini

Attualmente, quali fotocamere usa?
Sony.

E quali obiettivi?

  • Samyang 12mm 2,8
  • Sony FE 16-35mm 2,8
  • Sony FE 24-105mm 4
  • Sony FE 70-200mm 4
  • Sony FE 100-400mm 4,5/5,6.

L’obiettivo che usa più spesso?
Sony FE 16-35mm 2,8 e Sony FE 70-200mm 4.

Quali flash, se li usa?
In studio ho degli Hensel a torcia, in esterno uso dei Godox cobra.

Qual è stata la sua prima macchina?
Fujica ST705.

Come si è evoluta nel tempo la sua attrezzatura?
Ho cercato piano piano di adeguarmi all’evoluzione delle apparecchiature.

Ha mai fatto un cambio integrale di marca? Se sì, perché?
Negli ultimi anni sono migrato da Canon a Sony perché ritengo migliori sensori , ottiche e ingombri.

Dove acquista di solito le attrezzature? Fa spese online?
Su siti Internet.

Mai lavorato in pellicola?
Per tantissimi anni.

Ha nostalgia della pellicola?
No.

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