Generalmente la suddivisione degli obiettivi nelle varie categorie riferite all’ampiezza dell’inquadratura prevede che al di sotto della lunghezza focale del cosiddetto “normale”, ossia i 50mm, inizino i “grandangolari”.
Cosa siano lo possiamo apprendere ampiamente nell’apposita lezione di questo corso di fotografia on line, ma già lo stesso nome ci spiega subito che si tratta di obiettivi con un “grande angolo”, sottinteso “di campo”. Il grandangolo più “spinto”, ossia quello che permette la massima ampiezza dell’inquadratura è generalmente considerato il 20mm; ma cosa accade al di sotto? Cosa c’è di disponibile sul mercato per i fotografi che abbiano voglia di abbracciare ancora più realtà con le loro foto?
Escludiamo subito i fisheye, per via delle loro specifiche caratteristiche, prima tra tutte quelle di curvare le linee rette, che li confinano nell’ambito degli obiettivi speciali. Ebbene, al di sotto del 20mm (esiste anche il 18mm, un valore limite che, a mio avviso, va ancora considerato tra i “comuni” grandangolari) abbiamo il 16mm e addirittura il 14mm. Cosa sono? I famosi e ambiti “super grandangolari”.
Tipi di super grandangolare
Tornando alla nostra tradizionale classificazione degli obiettivi in base alla loro lunghezza focale, possiamo dire che al di sotto dei 20mm siamo in presenza di un super grandangolare, ma è chiaro che si tratta solo di una ripartizione di comodo. In commercio esistono vari “modelli” di super grandangolare, a seconda dei produttori, ma il più diffuso in termini di focale fissa è il 14mm; il 16mm si trova invece più di frequente come limite inferiore negli zoom grandangolari, quale ad esempio il classico 16-35mm Canon e Nikon.
Qualcuno potrebbe domandarsi come mai possano coesistere allo stesso tempo, ad esempio, un 16mm super grandangolare e un 16mm fisheye. La risposta è facile e sta nel loro diverso comportamento rispetto alle linee rette (verticali e orizzontali) che si trovano nell’inquadratura:
- il fisheye le curva (sempre di più allontanandosi dal centro immagine)
- il super grandangolare le mantiene comunque diritte in tutto il fotogramma
Ovviamente per avere tutte le linee rette sempre diritte nella foto c’è un prezzo da pagare ed è il loro “stiramento” progressivo, fenomeno ottico che diventa sempre più evidente e accentuato man mano che ci si avvicina ai bordi dell’inquadratura. Questa naturalmente è una caratteristica, per non dire un limite, che crea notevoli disagi al fotografo, al pari della curvatura introdotta invece dai fisheye.
Si tratta quindi di un fattore distorsivo che deve essere conosciuto e amministrato con grande cura dal fotografo, per sfruttare al massimo i vantaggi di questi obiettivi e minimizzarne gli effetti negativi.
Super grandangolari sul mercato
La disponibilità di obiettivi super grandangolari sul mercato è abbastanza ampia; ridotta per quanto riguarda i focale fissa, mentre sono più diffusi gli zoom grandangolari che includono in basso una focale “super”. In definitiva è più che sufficiente, dato che si tratta di un obiettivo non propriamente indicato per l’uso comune, anche se alcuni fotografi usano il 16-35mm come standard sul loro corpo macchina.
Vediamo dunque cosa offre il mercato in questo settore.
Canon
- EF 14mm f/2.8L II USM
Un focale fissa che la Canon definisce “l’ultra-grandangolare per i professionisti più esigenti”. Ha elementi UD e asferici che permettono una qualità delle immagini davvero sorprendente, ed è anche molto luminoso dato che ha apertura massima di f/2,8. Per corpi macchina con sensore full format, utilizzabile anche su APS, ma con ovvia riduzione della lunghezza focale effettiva. - EF 16-35mm f/2.8L II USM
Il classico e celebre zoom ultra-grandangolare, con apertura costante di f/2,8. Da sottolineare come Canon dichiari nelle sue note tecniche che “offre una nitidezza periferica eccezionale su tutto il campo focale”, ma questa affermazione sia poi vera fino a un certo punto: la perdita di nitidezza sui bordi è visibile e spesso diventa rilevante.
Entrambi sono progettati per corpi macchina con sensore full format, ma naturalmente sono utilizzabili anche su APS, con ovvia riduzione della lunghezza focale effettiva.
- EF 17-40mm f/4L USM
Uno zoom utilizzabile su full format ma studiato preferibilmente per APS. - EF-S 10-22mm f/3.5-4.5 USM
Uno zoom ultra-grandangolare che può sbalordire con i suoi valori di focale, salvo poi capire che è realizzato solo per APS e su di esse la minima diventa di circa 15mm. - TS-E 17mm f/4L
Si tratta di un obiettivo costoso e di livello molto alto, iper specialistico, progettato espressamente per la fotografia d’architettura che permette la rotazione indipendente dei meccanismi di basculaggio e decentramento.
Nikon
- AF-S NIKKOR 16-35mm f/4G ED VR
Zoom con focale super grandangolare adatto all’uso su fotocamere con sensore full format. Possiede un utile sistema di Riduzione Vibrazioni di seconda generazione. - AF-S DX NIKKOR 10-24mm f/3.5-4.5G ED
Uno zoom “ultra-grandangolo” (secondo la definizione Nikon) utilizzabile però solo sul formato DX (quindi sensore APS). In pratica l’equivalente del 16-35mm per sensori inferiori al full format. - AF-S NIKKOR 14mm f/2.8D ED AF Nikkor
Il focale fissa per full format e APS. - AF-S NIKKOR 14-24mm f/2.8G ED
Un obiettivo di grande pregio: costruttiva, velocità dell’autofocus, trattamento antiriflessi ai nanocristalli, incisione e plasticità unici valgono il prezzo (recensione a cura di Fabrizio Giammarco).
Abbiamo poi due zoom che comprendono in qualche modo una focale super grandangolare:
- 17-35mm f/2.8D ED-IF AF-S Zoom-Nikkor, sia per full format che per APS
- 12-24mm f/4G ED-IF AF-S DX Zoom-Nikkor, solo per APS e similari
Sigma
- 15mm f2.8 af ex dg (attacco Nikon e Canon)
Tokina
- 12-24mm f4
Tra i primi grandangolari spinti ad avere una escursione focale apprezzabile, è oramai alla seconda serie: tra le novità troviamo la presenza di un motore, rendendolo così più veloce ed usabile con le reflex sprovviste di un motore (in nikon le serie 3xxx e 5xxx), e qualche miglioramento della qualità costruttiva del barilotto se a prima vista non colpisce per quel f4, usandolo rimarrete stupefatti positivamente per l’incisione e la plasticità degli scatti; il trattamento antiriflesso è discreto, a patto di evitare situazioni “impossibili” e lasciare il paraluce sempre montato - 11-16mm f2.8
Salendo di qualità (e prezzo), anch’esso oramai alla seconda versione motorizzata. Visto il successo del 12-24, la tokina s’è decisa a studiare quest’altro zoom che potrebbe esser scambiato tranquillamente per una ottica “seria” Nikon o Canon: qualità costruttiva decisamente buona, trattamento antiriflessi ottimo, incisione e resa superlative. A tutta apertura presenta una leggera vignettatura, fenomeno trascurabile se consideriamo l’angolo di campo; in condizioni di luce critica è preferibile usare il punto di messa a fuoco centrale per evitare incertezze dell’autofocus - 16-28mm f2.8 per DX
Sulla carta sarebbe una ottica perfetta, ma la realtà è purtroppo diversa: presenta distorsione, bassa qualità ai bordi e soprattutto trattamento antiriflessi al di sotto delle aspettative.
Recensioni Tokina a cura di Fabrizio Giammarco
Pregi dei super grandangolari
Iniziamo subito col dire che, come per il fisheye, la caratteristica dall’enorme ampiezza di campo inquadrabile è allo stesso tempo pregio, ma come vedremo, anche difetto di questo obiettivo.
In questa foto è evidente come il super grandangolare (qui un 14mm) permetta di creare immagini che danno al lettore un senso di ampiezza straordinario: sembra di cadere dentro questa barca in costruzione nei cantieri Benetti. Dall’altro canto la minima macchia o imperfezione della vetroresina (angolo basso, sinistra) diventa estremamente evidente.
Da un lato essa permette di includere una enorme porzione della scena che abbiamo davanti a noi, dall’altro pone il rischio che elementi indesiderati vi si intrufolino fuori dal nostro (poco accorto) controllo. Inoltre, il fatto che l’area inquadrata dal mirino ottico non è mai il 100% dell’immagine reale espone al rischio che proprio in quella sottile fascia oscura che sfugge al nostro occhio si infilino elementi di disturbo. Poco male, direte, esiste Photoshop. Giusto, ma il bravo fotografo non toglie, evita.
Il vero rischio insito nella grande ampiezza di campo di questo obiettivo è però un altro e pochi ne sono a conoscenza: fare foto vuote.
Questa veduta di Campo Imperatore è un classico esempio di una foto con 16mm che è davvero ampia, ma risulta del tutto “vuota”, perchè mancante di un soggetto, di un punto di interesse visivo.
Esiste infatti il rischio che, per effetto della capacità di questo obiettivo di rimpicciolire e “allontanare” visivamente dal fotografo tutto quello che si trova nell’inquadratura, in definitiva nella foto vi sia una uniforme distesa di oggetti tutti molto “lontani” e tutti parimenti accostati in una piattezza visuale assoluta.
La realtà diventa quindi una sorta di patchwork di elementi e nessuno di essi spicca a punto tale da costituire un vero soggetto o punto di interesse. Se questo effetto può diventare un vantaggio fotografando qualcosa che debba divenire una texture (anche se questo lo si fa quasi sempre con i teleobiettivi), in tutti gli altri casi impoverisce l’immagine fino a renderla appunto vuota.
Il rischio si ovvia con una sapiente gestione della composizione, ponendo sempre un elemento in primo piano, dove giganteggia per via dell’effetto ottico proprio dell’obiettivo.
In ogni caso dedichiamo una apposita lezione a come e dove usare il super grandandgolare.
Difetti dei super grandangolari
In termini di difetti oggettivi abbiamo certamente:
- allungamento delle figure, soprattutto ai bordi dell’immagine
- rischio di infiltrazioni di luce parassita e quindi flare
- perdita di qualità dell’immagine agli angoli
- caduta di luminosità agli angoli (vignettatura)
Vediamoli singolarmente e cerchiamo di capire come gestirli.
Allungamento delle figure ai bordi
Di questo aspetto abbiamo parlato ampiamente nella lezione sull’uso corretto del super grandangolare. Vale la pena rimarcare come sia da evitare il posizionamento di soggetti particolarmente “formati” sui bordi dell’inquadratura, proprio per evitare di vederli diventare lunghi e sottili.
In questa foto sono evidenti le deformazioni introdotte dall’obiettivo (14mm) nelle persone ritratte, in particolare nell’uomo in piedi a destra (allungato) e nella testa della ragazza sdraiata in primo piano, la cui testa diventa “enorme”.
Rischio di infiltrazioni di luce parassita
Generalmente questo rischio si può ridurre utilizzando l’apposito paraluce venduto assieme (o come accessorio) all’obiettivo; non elimina la possibilità di vedere un raggio di luce rimbalzare tra le lenti disseminando di flare la foto, ma certamente lo riduce.
In realtà questo pericolo era una vera spada di Damocle con la pellicola, perché si scattava senza sapere davvero cosa sarebbe uscito e ciò che non era visibile (o intuibile) nel mirino era del tutto ingovernabile. Oggi, con la digitale, anche in situazioni di luce molto difficile abbiamo la fortuna di poter scattare e verificare subito l’assenza di flare; se appaiono basta ripetere lo scatto. Per far sparire l’infiltrazione di luce parassita o si sposta leggermente la macchina, oppure si usa la mano (o un qualsiasi altro elemento rigido) per schermare l’obiettivo dal raggio di luce.
Va anche detto che il super grandangolari di nuova generazione (dal 2010 in poi, grossomodo) utilizzano speciali trattamenti alle lenti per ridurre gli effetti dannosi delle eventuali infiltrazioni di luce parassita. Con il 16-35mm Canon, ad esempio, è possibile inquadrare il pieno sole senza patire le disastrose conseguenze che avremo visto solo qualche anno addietro.
In ogni caso c’è sempre un trucco per eliminare i flare in situazioni di controluce impossibile.
Perdita di qualità dell’immagine agli angoli
Anche questo difetto è figlio del fatto che tali obiettivi permettono di abbracciare una porzione di campo molto vasta. Alcune case produttrici sostengono che i loro nuovi prodotti sono esenti da questo difetto, ma il lavoro sul campo li smentisce, come evidenziano le foto a seguire.
In ogni caso un’azione che può ridurre in qualche maniera questo spiacevole effetto di perdita di nitidezza ai bordi e che possiamo mettere in atto con una certa facilità è la seguente:
- mettere a fuoco la scena con l’autofocus
- disinserire l’autofocus con l’apposito selettore sull’obiettivo
- restando sull’inquadratura focheggiare manualmente cercando di portare a fuoco anche quel che si trova agli angoli
- ovviamente bisogna evitare di perdere il fuoco sul soggetto
Questo permette di recuperare parte della nitidezza persa nelle aree agli angoli, anche se non del tutto. In linea di massima possiamo affermare che è necessario arretrare il punto di fuoco leggermente, soprattutto se l’autofocus lo ha posizionato all’infinito. Non è ovviamente una regola, ma una semplice soluzione empirica, però funziona.
Nella sequenza delle tre foto vediamo l’immagine intera e l’ingrandimento di due sue aree: il centro e l’angolo alto a sinistra. Sono evidenti le variazioni di qualità, ottima nella foto che mostra il Cristo, pessima nell’ultima..
Caduta di luminosità agli angoli (vignettatura)
Si evidenza con uno “oscuramento” della scena in prossimità degli angoli del fotogramma, in maniera uniforme e simmetrica su tutti e quattro; a volte l’oscuramento è così diffuso ed evidente che raggiunge anche i bordi della foto. Si manifesta anche nei teleobiettivi.
Non esiste modo di eliminarlo con manovre o tecniche, neppure empiriche come quella appena vista per il calo di nitidezza, ma oggi il computer e photoshop, ma anche l’elettronica di bordo delle fotocamere e degli obiettivi, vengono in aiuto del fotografo.
Esistono infatti dei plugin per Photoshop che permettono di ridurre la vignettatura. In realtà non la eliminano ma creano un effetto opposto, ossia uno schiarimenti degli angoli che, se ben regolato in ampiezza e intensità (cosa non proprio facile), permette di ridurre l’impatto visivo.
Sui sistemi fotografici di nuova generazione l’elettronica degli obiettivi, dialogando con quella della fotocamera, permette invece di registrare nell’immagine tutti i dati necessari affinché i software di elaborazione (sul corpo macchina o sul pc in post produzione) eliminino del tutto la vignettatura. In particolar modo questo procedimento è efficace quando si scatta in Raw e si aprono i file con l’apposito programma della casa madre. Canon, ad esempio, è davvero efficiente con il suo software DPP, ma bisogna ricordarsi di impostare sulla fotocamera questo tipo di correzione per everlo in maniera automatica (con effetto immediato se si scatta il TIF o JPG, con effetto successivo se si lavora in RAW), altrimenti è necessario poi aggiungerlo manualmente ai RAW.
In queste due versioni delle medesima foto sono evidenti le correzioni apportate dal software alla vignettatura. Nella prima si nota come gli angoli siano più scuri, nella seconda la luminosità è tornata uniforme.
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