Uno sguardo nell’umanità della Sicilia vista attraverso l’occhio di Ferdinando Scianna.
Non è cosa comune che le origini e il sostrato culturale di una persona siano così forti e presenti come nel caso della fotografia di Ferdinando Scianna.
Nato nel 1943 a Bagheria, storico quartiere popolare di Palermo, Scianna è uno dei fotografi italiani più affermati in ambito nazionale e internazionale. La Sicilia, e Bagheria in modo particolare, ha rappresentato e rappresenta tutt’ora per Scianna una continua fonte d’ispirazione, oltre che un ricchissimo patrimonio di cultura e tradizione.
Il suo sguardo riesce ad essere duplice, come chi incuriosito e profondamente affascinato, osservi per la prima volta ciò che rappresenta, pur conoscendolo intimamente. All’inizio degli anni 60, Scianna inizia a frequentare i corsi universitari presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, senza portare mai a termine i suoi studi.
Tuttavia, come egli stesso dichiara, è nella letteratura e nella filosofia, che rintraccia le motivazioni, profondamente esistenziali, del suo fare fotografia. Nel 1963, durante una sua esposizione sulle feste popolari in Sicilia, presso il circolo culturale di Bagheria, avviene l’incontro con lo scrittore Leonardo Sciascia.
Tale incontro, dal quale nascerà una profonda amicizia e collaborazione, segnerà per Scianna una svolta importante nella sua carriera di fotografo.
Lo scrittore siciliano, infatti, collabora con una prefazione al primo libro di Scianna dal titolo Feste religiose in Sicilia, con il quale si aggiudicherà, nel 1966, il prestigioso premio Nadar.
Da allora Scianna pubblicherà esclusivamente libri “con” fotografie e non “di” fotografie, convinto della necessità di dover accompagnare la fotografia con il racconto delle storie e delle esperienze esistenziali, intellettuali, letterarie e filosofiche che la nutrano.
La fotografia secondo Ferdinando Scianna
La fotografia è, secondo Scianna, un dare forma alle cose: una forma che dà senso e attraverso la quale si manifestano verità e significati, svelabili e percepibili solo in quella forma fotografica e letteraria.
Ogni scatto è accompagnato da una parola, una forma non solo visiva ma anche letteraria capace di svelare il senso e il significato di ciò che rappresenta.
Nel 1967, Scianna si trasferisce a Milano, collaborando come fotoreporter per la rivista L’Europeo. Successivamente si trasferisce a Parigi, dove pubblica Le Sicilien e La villa dei mostri con testi di Leonardo Sciascia.
A Parigi, Scianna collabora non solo come fotoreporter, ma anche come giornalista per Le Monde diplomatiquee le Quinzainelittéraire, frequentando e collaborando, inoltre, con Henri Cartier-Bressonn, suo indiretto maestro.
Ferdinando Scianna e Magnum
Nel 1989 è il primo fotografo italiano a divenire membro della prestigiosa agenzia di fotografia Magnum. In quegli anni pubblica importanti reportage di viaggio come Città del mondo e Ore di Spagna, oltre a lavorare per importanti campagne pubblicitarie come quelle per Dolce & Gabbana.
Nel 1995 si riavvicina ai temi religiosi, pubblicando Viaggio a Lourdes.
Uno dei suoi ultimi lavori, tra i più importanti della sua carriera, è Quelli di Bagheria, pubblicato nel 2003 e incluso in un ampio progetto comprendente documentari e mostre. Il lavoro ricostruisce e ripercorre i luoghi della sua giovinezza, il quartiere Bagheria, restituendo le atmosfere e le relazioni tra le persone che lo abitano.
Quelli di Bagheria è uno scavo nella memoria personale del fotografo e in quella collettiva di chi ancora abita e vive quel luogo. È proprio nelle immagini di Quelli di Bagheria che emergono chiaramente le caratteristiche non solo della fotografia, ma della poetica di Scianna.
In quanto siciliano la luce è per lui un destino e, in quanto fotografo, una maledizione. Le sue immagini sono perciò costruite a partire dall’ombra.
“Sono cresciuto – egli racconta – camminando lì dove c’era l’ombra e vedendo il mondo in questi forti e drammatici contrasti”. In queste sue parole è racchiuso l’elemento più caratteristico e più profondo delle sue immagini.
È a partire dall’ombra, dal bianco e nero, che Scianna è riuscito a raccontare, e racconta tutt’ oggi, non solo la carnale bellezza della sua terra con le sue forti contraddizioni, ma i volti degli amici, Leonardo Sciascia, Roland Barthes, Jorge Luis Borges, Martin Scorzese, le lotte in Palestina, le scene siciliane e andaluse di vita religiosa.
Scianna ha fatto della cattura dell’attimo, dell’istante, la propria vita. La fotografia è per lui cattura di quell’attimo in cui il significato della vita si svela e si manifesta, “un gioco dell’istante colto mentre accade, una specie di corrida al destino”.
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